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Verga e il Verismo

Mag 24, 2018

Una vera innovazione viene introdotta dal Verismo, che ispirandosi all’esperienza Naturalista francese, punta all’eliminazione della personalità all’interno dell’opera.

A differenza del Naturalismo, però, il Verismo non è una letteratura che crede in un possibile cambiamento all’interno della società: è semplicemente una presa di coscienza della realtà, in quanto la rappresenta senza denunciarla. Il Naturalismo si presenta invece come un’espressione del positivismo nella sua convinzione che ci sia una verità assoluta, oggettiva, e che la realtà si possa modificare.

GIOVANNI VERGA

Nasce a Catania nel 1840 da una famiglia di proprietari terrieri. Per tutta la vita resterà fedele agli ideali dell’unità nazionale. Nel 1872 si trasferisce a Milano, dove frequenta gli scrittori della Scapigliatura, ma soprattutto può osservare le dinamiche del capitalismo e del mondo moderno. Muore nel 1922. Si possono individuare tre date chiave per la sua vita e la sua scrittura:

  • Nel 1784 pubblica “Nedda”, novella ispirata al filone campagnolo: egli incomincia ad interessarsi al mondo dei contadini siciliani. Non è ancora presente un impianto verista, ma i protagonisti sono personaggi appartenenti alle più basse classi sociali. Manca ancora l’impersonalità. L’autore interviene di continuo per prendere le difese del proprio personaggio e per criticare i giudizi egoistici e malevoli della società.
  • Nel 1877 arriva a Milano Luigi Capuana, il quale vuole creare un gruppo di intellettuali che aderiscano al programma del Naturalismo. Nel corso dello stesso anno Zola pubblica l’”Assomoire”.
  • Nel 1878 Verga scrive così la sua novella più famosa: “Rosso Malpelo”. Si tratta di una svolta verista: l’autore sparisce dalla scena (mette in pratica ciò che già Capuana aveva teorizzato). Il narratore popolano interno alla storia che giudica con gli occhi, la cultura e la mentalità dei superstiziosi e dei malevoli. Si tratta comunque ancora di un approdo al Verismo, la novella non è ancora propriamente verista.

La sua letteratura è come una testimonianza della verità, che dimostra come tutti possano essere schiacciati o vinti. Il comportamento umano viene fatto dipendere da fattori materiali come l’egoismo individuale e la spinta a soddisfare i bisogni concreti.

L’uomo è condizionato dall’ambiente in cui vive, e nella società c’è una continua “lotta per la vita”: solo i più forti sono capaci di adattarsi e sopravvivono.

C’è inoltre un rifiuto del Romanticismo, poiché ritiene che la psicologia possa essere rappresentata solo dall’esterno ed essere deducibile solo attraverso gesti e parole dei personaggi.

Ogni ambiente sociale, dal più umile al più elevato, deve essere raccontato con le sue stesse parole. Per questo motivo è necessario il ricorso ad una sintassi molto vicina al parlato, e spesso la voce narrante assume i tratti ideologici del mondo narrato.

Vita dei Campi

In “Vita dei campi” oltre a Rosso Malpelo sono raccolte altre 7 novelle tra cui Fantasticheria e Cavalleria Rusticana. Questa raccolta dà l’idea di tanti, piccoli, quadri umani.

DOC: “Dedicatoria a Salvatore Farina” (clicca qui per il testo)

Si tratta della lettera dedicatoria a Salvatore Farina, che precede la novella “L’amante di Gramigna”, contenuta in Vita dei Campi. In questo documento, che può essere considerato un manifesto del Verismo italiano,  vengono affrontati i problemi del romanzo moderno. Viene sottolineata l’importanza dell’eclissi dell’autore, ma anche del cambiamento del linguaggio, che deve diventare quello dei personaggi (lingua antiletteraria). In più, l’autore deve seguire un “metodo scientifico”: viene descritta la modalità con cui deve essere raggiunta l’impersonalità dell’autore.

DOC: “Fantasticheria” (clicca qui per il testo)

Teorizza esplicitamente alcuni capisaldi della poetica verista degli anni a venire, oltre ad introdurre per rapidi accenni quelli che saranno i personaggi principali del romanzo I Malavoglia.

La questione in gioco è quella della differente maniera con cui i due personaggi osservano e giudicano la realtà rurale ed arcaica del paesino siciliano. Compare quindi il divario tra campagna e città.

In ogni caso di veropropriamente verista non c’è molto: lo scrittore interviene continuamente commentando la vicenda (infatti l’oggettività che si può percepire è illusoria).

In questo testo viene presentato il cosiddetto “ideale dell’ostrica”: solo vivendo ancorati allo scoglio dove il destino li ha collocati, gli abitanti di Aci Trezza possono sperare di salvarsi nella lotta per la sopravvivenza, e sfuggire al “dramma” che il vedrà sempre sconfitti.

Novelle Rusticane (1883)

La raccolta comprende dodici novelle i cui personaggi appartengono per lo più alla moderna borghesia intellettuale o imprenditoriale e rappresentano un’umanità perfettamente integrata nella cinica morale dell’interesse. Il narratore popolare questa volta condivide la mentalità del personaggio e ne approva l’astuzia senza scrupoli, specie se usata a danno dei deboli e degli sprovveduti; la cultura appare come strumento di inganno e veicolo di sopraffazione. Solo la natura fa da argine alla dominante mentalità rapace ed egoistica: con la sua forza devastante e distruttrice; con le malattie; con la vecchiaia e la morte, cui nessuno può sfuggire.

DOC: “La Roba” (clicca qui per il testo)

Si tratta di una novella incentrata  sull’ascesa sociale e la tragedia personale di un contadino, arricchitosi fino a estendere i propri possedimenti a gran parte delle terre a sud di Catania.

  • Nella campagna smisurata, tutto quanto si vede è «roba» di Mazzarò. Su pascoli, fattorie, uliveti domina una sola figura, quella di Mazzarò, che si identifica con i suoi possedimenti, conquistati grazie alla sua intelligenza e tenacia.
  • Mazzarò viene introdotto e presentato dal punto di vista del narratore popolare, che ne celebra le ricchezze ricorrendo a termini di paragone enfatici, tipici della mentalità contadina e rurale.
  • La rigidissima regola di vita di Mazzarò è imperniata sul senso totalizzante del proprio lavoro: per obbedire all’accumulo senza fine di beni e proprietà, sacrifica ogni altra realtà della vita.
  • Sopraggiunta la vecchiaia, colto da una folle gelosia, comincia a distruggere rabbiosamente a colpi di bastone la sua «roba», perché non può portarla con sé. Questa conclusione mette in luce gli esiti perversi dell’accumulo della Roba.

Lo sviluppo tematico delle macrosequenze mette in risalto la logica economica. Mazzarò, schiavo della «roba», come Verga chiama il complesso di beni e proprietà, derivandolo da un’espressione dialettale, non sa provare altro sentimento che non sia dettato dalla soddisfazione del possesso. La sua vita si consuma nella solitudine e, destinata alla sconfitta, si conclude nella follia. Le prime due sillabe del nome (Mazza-) alludono al bastone con cui il protagonista cercherà, nel tragico gesto finale, di distruggere la sua roba, perché non sa a chi lasciarla e non sopporta che gli sopravviva.

Dal punto di vista stilistico è importante l’uso del discorso indiretto libero, oltre alle forme dialettali presenti nel testo, che sottolineano l’intenzione di fornire un punto di vista “proveniente dal basso”.

Punti di vista narrativi
Il viandante (rr. 1-8)
Il lettighiere(rr. 29-34)
Il narratore popolare (rr. 35-41)

Il “Ciclo Dei Vinti”

Sul modello di Zola scrive un ciclo di romanzi, il “Ciclo dei Vinti”, in cui vuole procedere raccontando prima le sfere più basse e poi quelle più alte della società. Progetta di scrivere cinque romanzi, ma ne completa soltanto due.

In questo ciclo di romanzi si impone una visione pessimistica: il progresso è interpretato come una fiumana che travolge tutti. Anche chi può sembrare un “vincitore” oggi, sarà un “vinto” domani.

Egli inoltre sfata il mito della bontà dei ceti più bassi; dimostra come le azioni si basino sull’individualismo e sull’egoismo.

Il romanzo che riuscirà a sviluppare pienamente l’ideologia verista è “Mastro Don Gesualdo”, che racconta l’ascesa e la caduta del protagonista senza alcun giudizio esterno.

I Malavoglia

In questo romanzo corale, l’autore si sofferma su alcuni punti fondamentali:

  • l’interesse per la questione meridionale e la presenza di un concreto mercato di pubblico cui rivolgersi.
  • la distruzione degli ideali del positivismo

La vicenda dei Malavoglia illustra come l’affermazione del benessere moderno non sia esente da una serie di tragedie silenziose che colpiscono i più deboli, soprattutto quand’essi s’arrischiano fuori dal loro mondo chiuso e ristretto. Il romanzo è un exemplum di come operi la “fiumana del progresso”.

Egli sottolinea come il risultato complessivo di questa “fiumana” (termine che evoca di per sé l’impetuosità e l’inarrestabilità del mutamento storico) possa nascondere le vicende individuali di chi è stato sopravanzanto e sconfitto.

Verga vuole insomma denunciare le contraddizioni (e talora la mistificazione) sottese alla società a lui contemporanea

La questione della forma è allora inscindibile dal tema trattato, e dell’atteggiamento “impersonale” assunto dal narratore, che rifiuta l’onniscienza delle narrazioni più tradizionali.

Nella prefazione vi è tutta l’espressione del Verismo e del Ciclo dei Vinti; viene effettuata un’analisi del progresso, mettendo in luce la tendenza a non considerare i sacrifici che vengono compiuti dietro alle luci dell’innovazione. Un’altra volta viene sottolineato il fatto che non esistano vincitori.

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