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Gabriele D’Annunzio: vita e opere

Mag 27, 2018

⚠ Prima di cominciare vi ricordiamo che anche noi siamo stati studenti, quindi i nostri appunti non sono decisamente perfetti, ma possono tornare utili. Gli argomenti e i testi che abbiamo affrontato dipendono dalla nostra diretta esperienza scolastica. Per qualsiasi dubbio, cliccate qui per scriverci. ⚠

[Alcune delle informazioni qui presenti provengono direttamente dai PDF del testo il cui link è indicato tra parentesi]
GABRIELE D’ANNUNZIO
D’Annunzio nasce a Pescara nel 1863 da famiglia borghese. Compiuti gli studi classici al Liceo Cicognini di Prato, si trasferisce a Roma dove frequenta La Sapienza.
Dopo alcuni problemi dovuti ai debiti che lo costringono anche ad allontanarsi temporaneamente dall’Italia, mette la sua retorica al servizio della propaganda interventista e partecipa alla Prima Guerra Mondiale. Finita la guerra, considerando quella dell’Italia una “vittoria mutilata”, con un manipolo di uomini occupa la città di Fiume, ma il governo italiano gli impone di abbandonare l’impresa. Dal 1921 vive al Vittoriale, una sontuosa villa a Gardone Riviera. Fino all’ultimo trascorre una vita spesso scandalosa, spettacolarizzando le sue azioni e le sue opere e sfruttando con abilità i meccanismi d’informazione della società di massa. Oltre a poesie e novelle,scrive romanzi e svolge un’intensa attività teatrale.
Cultore dell’estetismo, egli, che si considera il poeta-vate dell’Italia fascista, trascorre la vita come “opera d’arte”, segnata dalla continua ricerca della bellezza e dal desiderio di fama. Muore nel 1938 a Gardone Riviera.
Decadentismo e simbolismo in D’Annunzio
Gli aspetti più rilevanti del decadentismo dannunziano sono:

  • la concezione della poesia e dell’arte come creazione di pura bellezza con totale libertà di motivi e di forme, in opposizione ai principi del verismo;
  • l’estetismo vissuto come espressione concreta, al di fuori e al di sopra di ogni legge e di ogni morale;
  • l’analisi narcisistica delle proprie sensazione raffinatamente preziose;
  • il piacere dato dalla parola, considerata nel suo valore evocativo e musicale, non per il suo contenuto logico;
  • il panismo, cioè il sentirsi parte del Tutto cosmico, la fusione totale del poeta con la natura.

Completamente ignorato è da D’Annunzio il dramma decadente della solitudine umana e dell’angoscia esistenziale. D’Annunzio è anche culturalmente assai vicino al simbolismo francese, da cui trae la tendenza irrazionalistica e il misticismo estetico, che agevolmente si fondono con la sua ispirazione naturalistica e sensuale. La sua adesione al simbolismo si può riassumere nel rifiuto della ragione come strumento fondamentale della conoscenza e come fondamento di valori spirituali e nell’abbandono alle suggestioni dei sensi e dell’istinto, considerati unici intermediari per un diretto contatto (inteso come sola conoscenza possibile) con le forze originarie della natura. Per D’Annunzio, dietro la suggestione dei sensi e dell’istinto, l’io si dissolve immergendosi totalmente nelle cose; contemporaneamente però egli crea con i suoi versi una nuova realtà che descrive il moltiplicarsi continuo della vita: la poesia diventa quindi rivelazione dell’armonia del mondo e il poeta con la sua opera prosegue e completa l’azione della natura.

Estetismo e superomismo diventano quindi due aspetti complementari dell’accettazione della vitalità dell’istinto come legge suprema, con totale negazione della razionalità e della storia.
Il poeta-vate e il paradosso dannunziano
L’artista diventa un mito che si offre al consumismo di massa, da cui si mantiene però distante, ostentando la sua superiorità e raffinatezza. In tal modo la sua vita può essere oggetto di imitazione, quasi di culto, e la sua produzione può diventare merce di consumo. Inoltre,sostenendo la teoria del valore incondizionato della propria arte, i poeti le attribuiscono il significato di una missione “oracolare”. Questi scrittori, alla fine dell’Ottocento, sono denominati poeti-vate, dal termine latino vates che significa indovino o profeta. D’Annunzio si riconosce pienamente in questo modo di essere che egli vive con ostentata fastosità. Ma la costruzione di un personaggio di massa, pubblico, è in contrasrto con il disprezzo di D’Annunzio per le masse e con il suo essere un “genio solitario”. Questo contrasto è anche detto “paradosso dannunziano”.

PascoliD’Annunzio
  • poetica delle cose semplici
  • natura umile legata alla campagna
  • valori simbolo:
    • casa
    • famiglia
    • lavoro
    • patria
  • raffinatezza dell’esteta
  • natura panica e lussureggiante
  • valori simbolo:
    • individualismo
    • trasgressione
    • superomismo aristocratico
    • nazionalismo

Le “Laudi” e Alcyone
Esaurita l’esperienza «paradisiaca», D’Annunzio compose molte altre liriche, di metri e argomenti diversi, che spaziavano dal mito classico alla vita contemporanea. Maturò quindi il desiderio di raccoglierle in un grande libro di versi, cui affidare la propria pagana visione del mondo, costruita, come nell’antica Grecia, sulla bellezza e la gioia di vivere. Nacque così l’idea delle Laudi del cielo del mare della terra e degli eroi. Il progetto prevedeva sette libri, ciascuno intitolato a una stella delle Pleiadi:

Alcyone, terzo libro delle Laudi, è il capolavoro poetico di D’Annunzio. Il tema è l’unione tra l’individuo e la natura, il sensuale abbandono all’incessante movimento della vita cosmica. Alle spalle c’è sempre l’ideologia del superuomo: infatti solo a pochi eletti, superiori a tutti per la loro sensibilità, è concesso perdere se stessi nel fluire degli elementi e raggiungere così i segreti misteri della natura. Il pregio delle liriche di Alcyone è dato dall’intensa musicalità del verso: nella fitta rete di corrispondenze sonore, i suoni contano assai più dei significati, secondo la lezione dei poeti simbolisti francesi.
DOC: “La sera fiesolana” (clicca qui per il testo)

  • Matrice pre-raffaellita del pensiero di D’Annunzio (i pre-raffaelliti vogliono tornare alla pittura precedente, quella del Medioevo)
  • Una delle manifestazioni più evidenti del decadentismo
  • Ricorrono nel testo vere e proprie laude che richiamano quelle tipicamente medievali, ma il punto di vista ora è laico.
  • Fin dal subito al centro del testo ci sono le parole e la loro potenza espressiva, resa dall’uso di una sinestesia (“fresche le mie parole”), che si ripete simile nella seconda strofa.
  • Compare e si ripete un verbo tipicamente stilnovista: “par”
  • L’apparizione della Luna è quasi divina: è una teofania.
  • La lauda alla sera appare simile alla poesia foscoliana, anche se non si parla più di morte
  • “mistero sacro dei monti” [v.38]: solo il poeta conosce questo mistero.
  • Dal v. 40 l’immagine delle colline come labbra, pronte a pronunciare un segreto.

DOC: “La pioggia nel pineto” (clicca qui per il testo)

  • Poeta in compagnia dell’amata (chiamata Ermione)
  • L’idea che l’uomo debba togliersi di mezzo per lasciare spazio alla natura.
  • Dai vv. 5 e 6 il temporale si fa vivo, prende la parola.
  • Sono presenti grandi giochi di suono
  • [vv. 14 – 15] i mirti sono divini perché sacri a Venere
  • [vv. 20 – 21] momento panico: i volti sono silvani perché si trasformano fino a diventare quasi parti del bosco.
  • L’aspetto panico si fa ancora più forte dal v. 53: i due protagonisti sono “immersi” nello “spirto silvestre”; sembra quasi l’immagine di un battesimo, ma sempre in senso laico, profano e legato alla natura.
  • L’idea della metamorfosi percorre tutta la poesia.
  • Alla fine c’è una ripresa dei versi precedenti, e nel finale l’idea dell’illusione amorosa si ribalta.

DOC: “Le stirpi canore” (clicca qui per il testo)

  • Queste “stirpi canore” sono le parole
  • Viene presentata l’immagine del poeta che va oltre, in grado di intuire l’essenza del reale, a differenza degli altri uomini. La poesia trae origine dalla natura e solo il poeta può comprenderla.

DOC: “Meriggio” (clicca qui per il testo)

  • Immagini costruite con molta cura
  • Il poeta, completamente immerso nella natura e in un totale silenzio che, solo, può esaltare la sensibilità auditiva e visiva, si abbandona al calore del mezzogiorno estivo.
  • Esprime appieno in panismo dannunziano

DOC: “Stabat nuda aestas” (clicca qui per il testo)

  • Il titolo è un verso delle Metamorfosi per antonomasia: quelle di Ovidio
  • Torna il panismo e il tema dell’intercambiabilità tra uomo e natura
  • Si possono scorgere i particolari di una figura umana, ma è la natura.
  • [v. 24] “immensa nudità”, il corpo nudo senza confini indica la totale metamorfosi
  • Il lessico è particolarmente ricercato, carico di simboli che si intrecciano.

Il Piacere
Il piacere, romanzo edito nel 1889, è considerato il frutto più significativo della corrente estetizzante del Decadentismo italiano. Vi si narrano le vicende di Andrea Sperelli, giovane e aristocratico “esteta”, il quale – amando contemporaneamente due donne, Elena e Maria – finisce per perderle entrambe.
DOC: “Andrea Sperelli, l’eroe dell’Estetismo” (clicca qui per il testo)
Le pagine iniziali del romanzo Il Piacere presentano il ritratto del protagonista. D’Annunzio è attento a fornire una descrizione più psicologica che fisica di Andrea Sperelli che, partendo dall’educazione all’arte fornitagli dal padre, approda alla magnificazione di Roma, basata sulla sua esperienza giornalistica di cronista “mondano”.
DOC: “Il Verso è tutto” (clicca qui per il testo)
In questa pagina del Piacere d’Annunzio esprime un concetto-base del Decadentismo: la concezione della vita fondata sull’estetismo, sul valore supremo, cioè, riconosciuto all’arte. Il brano esprime il punto di vista di Andrea Sperelli, il protagonista del romanzo, il quale pone tutta la sua esistenza sotto il segno dell’arte. Sperelli cita all’inizio un emistichio, estremamente significativo («Il Verso è tutto»), dello stesso d’Annunzio, tratto dall’Isottèo : «O Poeta, divina è la Parola; / ne la pura Bellezza il ciel ripose / ogni nostra letizia; e il Verso è tutto». Nel brano il verso poetico è esaltato in quanto capace di esprimere l’infinito e l’Assoluto. La poesia affonda le sue radici in una zona oscura dell’essere umano e della lingua e da lì si congiunge con l’anima stessa delle cose e della natura.

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