MATEMATICA: GLI APPUNTI DI LUCIO
La prima volta che si incontrano le derivate, è bene riflettere sul paradosso che ha spinto i padri del calcolo infinitesimale a studiare questo tema.
Se compiamo uno spostamento di 100m in macchina siamo abituati a tracciare un grafico spazio / tempo simile al seguente:

Allo stesso modo, potremmo voler rappresentare in un grafico la relazione velocità / tempo. Intuitivamente la macchina accelera in un primo momento, fino a toccare il punto di velocità massima, per poi decelerare nuovamente. Risultando in un grafico simile al seguente:




Il fulcro del paradosso
Voi direte: dove sta il paradosso?
Pensiamoci meglio: il contachilometri in macchina permette di conoscere sempre la propria velocità; la velocità alla quale ci stiamo muovendo. Anche se, come conosciuto, la velocità si ottiene da un rapporto:
v = \frac{\Delta s}{\Delta t}
Questo significa che, senza un intervallo di tempo determinato, è impossibile computare una velocità. Se isolassimo un istante, così come in una fotografia, non sarebbe possibile stabilire la velocità di un oggetto. Questa è la sfida alla quale il calcolo differenziale vuole trovare una risposta.
Le macchine, come i computer e tutti i casi pratici, risolvono il problema raggirando la domanda che ci stiamo ponendo. Invece di determinare la velocità istantanea, calcolano il rapporto spazio / tempo per intervalli molto piccoli, permettendo così di comunicare un valore consistente all’utente. Non ha quindi senso chiedersi, in un caso pratico, che velocità abbia un oggetto in un singolo istante. Come neanche chiedersi, premettendo che a t=0 la macchina sia ferma, in quale istante comincia a muoversi.
Passiamo alla teoria
Messe da parte le questioni pratiche, possiamo ora dedicarci agli aspetti matematici. Conosciuto il grafico spazio / tempo percorso da un oggetto, la velocità in un intervallo determinato vale:
v=\frac{s(t+\Delta t)-s(t)}{\Delta t}
dove s(t) è la posizione della macchina in funzione del tempo.
Graficamente assomiglia a qualcosa del genere:




formando una retta – si dice secante – che tocca la funzione in 2 punti.




Se noi avvicinassimo sempre di più il secondo punto al primo, il valore della velocità sarebbe sempre più vicino a quello nel primo punto.
Attenzione: la riflessione che facciamo ora è puramente matematica.
Per intervalli di tempo sempre più piccoli (dt) il valore che otteniamo è più consistente. Scriviamo quindi la formula che si dice rapporto incrementale:
v=\frac{s(t+d t)-s(t)}{d t}
Definizione formale
Adesso ci basta supporre che dt tenda a 0 e comprendiamo intuitivamente che il valore di v rappresenta la velocità istantanea in t. Con il passaggio al limite del rapporto incrementale si definisce il concetto di derivata in un punto:
f'(x_0)= \frac{df}{dx}(x_0)=\lim_{h\to 0}\frac{f(x_0+h)-f(x_0)}{h}
sopra riportata nella sua forma generale – del tutto analoga alla precedente.
Una funzione è derivabile in un punto generico x con 0 se il limite destro e sinistro del rapporto incrementale in x con 0 esiste finito e coincidente.
Graficamente la derivata coincide con la pendenza della retta tangente al punto considerato – qualora essa esista.




Se i due limiti esistono finiti, ma non sono coincidenti, si parla di derivata sinistra, rispettivamente destra (così come siamo abituati con i limiti canonici)
f_{-}'(x) \quad e \quad f_+'(x)
Da notare: una funzione derivabile in un punto è sicuramente anche continua nello stesso; diversamente, una funzione, per essere derivabile in un punto, deve anche essere continua nello stesso, malgrado questo non sia garanzia di derivabilità. Si dice che la continuità è condizione necessaria alla derivazione; mentre la derivabilità è condizione sufficiente alla continuità.
Dalla derivata in un punto alla funzione derivata
Stabilito un intervallo nel quale una funzione è derivabile – può essere coincidente al dominio – è possibile ricavare una forma generica per la derivata della funzione. Una funzione che, dato come argomento un valore di x, restituisce il valore della derivata in quel punto.
Algebricamente corrisponde a computare il limite del rapporto incrementale, senza però attribuire un valore a x con 0, lasciandolo quindi nella sua forma variabile.
Esempio: calcolo e visualizzazioni della derivata
Per qualsiasi funzione f, una volta stabilito l’intervallo in cui è derivabile, è possibile ricavare algebricamente la sua derivata:
f(x)=x^2
f'(x)=\lim_{h\to0}\frac{(x+h)^2-x^2}{h}=\lim_{h\to0}\frac{x^2 + 2xh+h^2-x^2}{h}=\lim_{h\to0}2x + h = 2x
Questo significa che, per ogni punto del dominio di f, la sua derivata vale 2x.
Possiamo immaginare geometricamente la nostra funzione come l’area di un quadrato. La piccola aggiunta che abbiamo chiamato h, il differenziale dx, genera due rettangoli e un quadratino. Il differenziale già tende a 0, di conseguenza il suo quadrato si può ignorare senza problemi.




Resta così:
df=2x \cdot dx \quad \to \quad \frac{df}{dx}=2x
Allo stesso modo, algebricamente o passando dall’intuizione geometrica, è possibile ricavare la derivata di qualsiasi funzione (ammesso che abbia i requisiti sopra illustrati). Ovviamente passare sempre dal limite del rapporto incrementale può essere molto dispendioso, soprattutto quando si tratta di funzioni di una certa complessità. Per questa ragione sono state ricavate delle regole di derivazione che ne facilitano il calcolo; ovviamente sono state tutte dimostrate tramite la definizione.
Derivate di ordine superiore
Può capitarvi di incontrare derivate di 2°, 3°, …, n-esimo ordine; spesso durante lo studio di funzioni. Queste vengono notate come segue:
f'' \quad ; \quad f''' \quad ; \quad f^{(n)}
Queste funzioni sono risultato di un ulteriore derivazione. Per ottenere quella di secondo ordine bisogna quindi derivare la derivata di primo ordine:
f''(x)=\frac{d}{dx}f'(x)
Derivate più comuni
Come detto in precedenza, non si deve sempre passare dalla definizione di derivata – effettuando il calcolo del limite – per computarla; si conoscono normalmente le derivate delle funzioni più comuni, tutte già dimostrate grazie alla definizione.
Di seguito trovate una lista non esaustiva.
f(x)=k, \quad k\in \R \quad \to \quad f'(x)=0
f(x)=k\cdot x, \quad k\in \R \quad \to \quad f'(x)=k
f(x)=x^n, \quad n\in \N \quad \to \quad f'(x)=n\cdot x^{n-1}
f(x)=a^x, \quad a\in \R^+ \quad \to \quad f'(x)=a^x \cdot ln(a)
f(x)=e^x \quad \to \quad f'(x)=e^x
f(x)=sin(x) \quad \to \quad f'(x)=cos(x)
f(x)=cos(x) \quad \to \quad f'(x)=-sin(x)
Regole di derivazione
Spesso siamo confrontati a funzioni complesse, ovvero composte da più di un funzione. Anche in questi casi è possibile ricorrere a delle regole, precedentemente dimostrate grazie alla definizione.
[f(x)+g(x)]'=f'(x)+g'(x)
[f(x)\cdot g(x)]'=f'(x)\cdot g(x) + f(x)\cdot g'(x)
\bigg[ \frac{f(x)}{g(x)}\bigg]'=\frac{f'(x)\cdot g(x)-f(x)\cdot g'(x)}{g(x)^2}
[f(g(x))]'=f'(g(x))\cdot g'(x)