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Il concetto di Alienazione in filosofia

Mag 8, 2021

Il concetto moderno di alienazione è strettamente legato alla Rivoluzione industriale. In termini generali indica un processo di estraniamento da un oggetto o da una persona (che sia l’altro o il proprio sé). Essendo un aspetto fondamentale, a partire dalla società moderna, fu indagato prima dalla filosofia e poi dagli studi umanistici che in quegli anni iniziarono a diventare indipendenti dalla ricerca filosofica: la sociologia e la psicologia.

Tuttavia il concetto di alienazione venne anticipato dal dibattito politico all’interno dell’Illuminismo. Infatti fu Jean-Jacques Rousseau a introdurre il concetto di alienazione all’interno del Discorso sull’origine e i fondamenti della diseguaglianza tra gli uomini (1755) in cui la definì come lo stato tipico dei diritti fondamentali dell’essere umano in una società liberale. Secondo il filosofo francese con lo sviluppo delle civiltà e la diffusione della proprietà privata i diritti di uguaglianza e libertà furono sostituiti dall’arroganza dei potenti nei confronti dei deboli; gli esseri umani persero la propria essenza primitiva e naturale con tutti i diritti che la caratterizzano.

Entrando nell’Ottocento la disputa politica dei secoli precedenti venne tralasciata, ma il termine “alienazione” era ormai parte del vocabolario filosofico. Così fu ripreso da numerosi studiosi che lo interpretarono in modi diversi, confrontandosi sempre con chi li aveva preceduti.

DALL’ALIENAZIONE DELLO SPIRITO ALL’ALIENAZIONE DELL’ESSERE UMANO

L’alienazione dello Spirito: Friedrich Hegel

Il primo a recuperare l’alienazione e a farne un elemento centrale del proprio pensiero è uno dei filosofi più importanti della storia moderna: Friedrich Hegel (1770-1831). Nella Fenomenologia dello Spirito l’alienazione viene definita come il momento in cui lo Spirito (ossia la sostanza astratta del reale) si separa da se stesso creando la natura, opposta a sé. L’alienazione dello Spirito, detta anche oggettivazione, porta dunque alla creazione di un altro da sé che è caratterizzato da incompletezza e insufficienza: sono gli esseri umani, gli oggetti materiali, le istituzioni. Tutti elementi destinati a tramontare, e dunque accidentali.

D’altra parte l’alienazione è solo un passaggio necessario del movimento dialettico che costituisce la realtà. Questo moto, articolato in tre fasi (tesi, antitesi, sintesi) e di cui la seconda presenta l’attimo di alienazione, ha come motore primario la necessità. Pertanto, necessariamente lo Spirito supera la creazione del suo contrario, la natura, ritornando in sé, ossia comprendendo che la natura non è veramente altro da sé, ma è un prodotto da lui creato.

L’alienazione dell’essere umano: Ludwig Feuerbach

Si parlò per la prima volta di alienazione umana grazie a Ludwig Feuerbach (1804-1872). Egli ribaltò totalmente i termini dell’alienazione hegeliana, accusando la sua filosofia di aver confuso predicato con soggetto: alienazione è il processo nel quale il singolo pone fuori da sé la propria essenza, ossia il proprio Spirito. Quindi è lo Spirito del singolo essere umano a diventare l’effetto collaterale di un’oggettivazione che avviene per necessità psicologiche. L’essere umano infatti, teso naturalmente all’infinito e alla perfezione che non può raggiungere, proietta le qualità che in lui sono imperfette (amore, sapienza, bontà) in un’entità perfetta e infinita: Dio. Perciò, per Feuerbach, Dio e di conseguenza la religione sarebbero entrambi frutto di una creazione inconscia dell’essere umano.

Però, come in Hegel, tale fase deve essere superata in quanto non permette all’individuo di migliorarsi e lo abitua a vedere la perfezione come qualcosa di trascendente e ultraterreno, a cui potrà attingere solo in una vita futura. Inoltre la religione e Dio spingono l’essere umano a dimenticarsi della propria essenza e, di conseguenza, dell’umanità. Il fedele arriva a preferire una vita di cui non vi è certezza e si dimentica di quella che ha, preferendo un’entità creata dalla propria mente alle altre persone che lo circondano. Superare l’alienazione significa riappropriarsi della propria essenza e ristabilire un rapporto con gli altri in cui migliorare continuamente se stessi e il mondo circostante, in virtù della consapevolezza delle proprie imperfezioni.

L’alienazione dell’essere umano: Karl Marx

Anche Karl Marx (1818-1883) accusò l’inversione tra predicato e soggetto operata da Hegel, accusando la sua filosofia di misticismo logico. Si tratta di un errore di analisi della realtà che riguarda tutti gli aspetti del pensiero, incluso il concetto di alienazione, a cui Marx tentò di rimediare. Se da Feuerbach riprese la visione antropologica, al contrario ritenne che l’alienazione non nasca da una ricerca psicologica propria di ogni essere umano, né che sia legata ad un sentimento religioso. L’alienazione dipende unicamente dal contesto storico, sociale, politico ed economico: nasce all’interno della dimensione proletaria propria del moderno capitalismo.

Infatti il sistema capitalista costringe l’operaio ad un lavoro alienante, in cui il prodotto dei propri sforzi non viene riconosciuto in quanto tale e anzi diventa un’entità estranea, autonoma e ostile, che ha valore indipendente dal lavoro del singolo ed è pertanto feticizzato. Le merci feticci non hanno più dietro la loro creazione una storia umana, ma diventano quasi divinità, in cui l’essere umano non vede più nulla di sé. Quando l’individuo smette di riconoscersi nella sua attività quotidiana è inevitabile che inizi a estraniarsi anche dalla propria essenza di umano e di conseguenza non riesca più a riconoscersi nell’altro.

Questo graduale processo di estraniazione venne diviso da Marx in quattro fasi:

  1. alienazione dal prodotto del proprio lavoro;
  2. alienazione dall’attività del lavoro stesso;
  3. alienazione dalla propria Wessen, ossia essenza;
  4. alienazione dall’altro.

Ciò può avvenire solo in un sistema capitalistico che riduce il proletario a una macchina. Pertanto, affinché l’individuo cessi di essere alienato, è necessaria una rivoluzione che abbatta la società borghese abolendo la proprietà privata, fondamento dei rapporti di produzione capitalistici. La soluzione marxista riprese una parte centrale del pensiero di Rousseau: la proprietà privata. E, come il filosofo francese, attribuì a essa l’origine dello stato alienato dell’essere umano moderno.

L’ALIENAZIONE SECONDO LA SCUOLA DI FRANCOFORTE E LA PSICOANALISI

Alienazione e società dei consumi: la critica della Scuola di Francoforte

Quasi un secolo dopo la Scuola di Francoforte, sulla scia di Marx, analizzò la società dei primi decenni del Novecento e vide in essa una nuova alienazione umana, psicologica e sociale. Nell’opera a quattro mani di Adorno e Horkheimer Dialettica dell’illuminismo (1922) l’alienazione è descritta come il tentativo razionale e scientifico dell’essere umano di dominare la natura, che si rivolta inevitabilmente in un dominio della scienza sull’individuo, in cui il pensiero razionale e sistematico aliena dal singolo il pensiero creativo e irrazionale. Si crea così un totalitarismo della ragione in cui l’essere umano non può più riconoscersi. La tesi di Adorno e Horkheimer fu sostenuta e approfondita dall’opera L’uomo a una dimensione di Herbert Marcuse (1898-1979). Filosofo e sociologo, Marcuse approvava l’uso dell’aggettivo “totalitario” per la moderna organizzazione industriale, tecnologica ed economica, che mette in atto grazie ai media e alla propaganda un meccanismo di manipolazione dei bisogni umani. Non sono tanto i rapporti di produzione a determinare l’alienazione moderna, ma i sistemi tecnologici e le industrie; in particolare quelle culturali, che costituiscono la base dell’era moderna.

L’essere umano è stato privato di ogni libertà e si trova in quest’era dipendente da un meccanismo di progresso, cresciuto a tal punto da sovrastare l’umanità stessa e da ingannarla con false libertà. Anche l’arte e la lettura sono controllate dalle leggi di mercato stabilite dall’industria culturale che finge di offrire uno spiraglio di autonomia, ma tramite la pubblicità manipola i propri acquirenti. Gli individui moderni vengono così appiattiti e ridotti ad una sola dimensione. Tutti hanno gli stessi falsi bisogni: possedere una macchina, una casa, un altro paio di scarpe, il nuovo modello di televisore. In tal modo il singolo pone fuori da sé la propria identità e diventa un tutt’uno con la società di massa. Nella visione pessimistica di Marcuse la sola via di liberazione è l’abbandono totale della mitica figura prometeica dell’essere umano padrone della tecnica. A questo si affianca la rivalutazione delle figure mitologiche di Orfeo e Narciso: esse hanno la capacità di sciogliere i freni che la società ha imposto all’Eros, l’amore erotico, unica dimensione in cui l’essere umano può ancora sentirsi veramente libero e riappropriarsi della propria identità.

Accenni all’alienazione psicoanalitica

È evidente che Marcuse fu altamente influenzato dalla critica sociale di Marx, ma una forte ascendenza venne esercitata anche dalla definizione psicologica di alienazione data da Sigmund Freud (1856-1939) negli stessi anni.

Il padre della psicoanalisi descrisse l’alienazione come il prodotto del contrasto tra eros e civiltà, illustrando il prezzo psicologico che l’essere umano deve pagare per vivere in società. Infatti la natura umana entra in contraddizione con la cultura (ossia il processo di civilizzazione) e l’individuo si trova costretto a scegliere tra seguire i propri impulsi animaleschi o sottomettersi alle regole di una società civile per il bene comune. Tuttavia, qualora l’Eros non riesca mai a ritagliarsi un proprio spazio (seppur segreto) in cui esprimersi e ritrovare se stesso, l’alienato presenterà indubbiamente episodi di nevrosi o addirittura psicosi che potrebbero diventare distruttivi per il proprio sé. Quindi l’individuo moderno non ha altra scelta che tentare di preservarsi in un instabile equilibrio tra società e intimità, alienazione e identità.

In conclusione sia la visione di Marcuse sia quella di Freud uniscono all’estraniazione dal sé hegeliana l’attenzione psicologica di Feuerbach e l’importanza dell’influenza sociale del marxismo, creando un concetto di alienazione totalmente innovativo che ancora oggi può trovare chiari riscontri nella società contemporanea.

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