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Ripensare il sistema scolastico: da dove iniziare?

Giu 12, 2021

Per moltɜ si è appena chiuso un ciclo scolastico durato sedici anni, e stanno per aprirsi le porte dell’università. Tra alti e bassi, c’è chi saluta la scuola superiore con un sorriso, chi invece già sa che non ne sentirà la mancanza. D’altra parte, tuttɜ almeno una volta hanno messo in dubbio l’ordine delle cose e hanno storto il naso davanti all’ingiustizia di unǝ professorǝ, all’accumulo di compiti o all’assenza di aiuti allɜ studentɜ da parte degli istituti. Inoltre oggi basta un click per conoscere persone fuori dai confini italiani e, se vi è un argomento che non può mancare tra coetanei di diverse ubicazioni, questo è il sistema scolastico: si cerca di capire se l’altro è nell’equivalente del nostro primo o secondo anno di superiori, si parla delle materie e delle valutazioni e sempre emergono differenze che rendono vana ogni “traduzione” della loro scuola nella nostra.

Non è infatti possibile paragonare il Lukio finlandese al liceo italiano quando le durate, le materie, le classi e i metodi di verifica sono totalmente differenti, così come non si può parlare con unǝ giapponese degli esami di ingresso all’università, uguagliandosi a loro. Talvolta le organizzazioni scolastiche diverse dalla nostra ci stupiscono, a volte ci affascinano perfino, eppure sembrano sempre rimanere una realtà lontana dalla nostra. È giusto che sia così o è possibile ripensare la scuola italiana alla luce di altri sistemi educativi?

Lз universitarз sopravvissutз

Una cosa è certa: l’Italia brilla a livello universitario. Nel Qs World University Ranking sono 34 le università del nostro paese, classificatosi in media tra i primi 300 posti su 1000. Ma a quale costo? C’è un’altra classifica nella quale l’Italia raggiunge i primi posti, ed è quella dell’abbandono scolastico: tra i 18 e i 24 anni il 13,5% dellɜ ragazzɜ abbandona la scuola. Può sembrare un numero piccolo, ma, considerando che siamo al sesto posto tra i Paesi europei con più dispersione scolastica, appare evidente la necessità di una riflessione.

Pochi sono lз studentɜ che sopravvivono a quel ciclo che per moltɜ oggi si è concluso, e ancora meno sono quellɜ che resistono nelle università, non solo perché il sistema scolastico italiano corre e non aspetta nessuno, ma anche perché si concentra su nozioni astratte, mostrandone difficilmente il risvolto pratico. Esistono poi sistemi educativi più “massacranti” del nostro, dove però l’abbandono scolastico è praticamente assente: in Corea del Sud, sebbene né le scuole superiori né l’università siano obbligatorie e il Paese presenti scelte di formazione professionale altamente valide, з più decidono di continuare gli studi, anche se ciò significa stare sui libri venti ore al giorno in vista di un esame di ingresso.

Programma o studente: chi al centro?

Dalle scuole medie in poi l’obiettivo del docente in Italia è completare il programma, e sempre meno seguire lɜ studentɜ in una crescita consapevole e in una maturazione di conoscenze. Tant’è vero che l’unico orientamento offerto al futuro di unɜ ragazzɜ di quattordici anni è un foglio di carta con un paio di crocette, assegnate in base alla media e non agli interessi, seguendo quindi pregiudizi fondati nel solco della riforma Gentile: hai nove? Assolutamente liceo; hai sette? Forse meglio un istituto tecnico. Non si guardano le passioni e le predisposizioni, ma la quantizzata capacità di stare al passo con un programma per lo più nozionistico. Tale “orientamento” è comunque più dettagliato di quello che avviene, o almeno dovrebbe avvenire, in quinta superiore, dove al più si illustrano in generale le facoltà classiche di legge, medicina e ingegneria.

Ne consegue che nei nove mesi di corse sfrenate verso il completamento di una lista di argomenti da sapere, non solo l’alunnǝ non ha possibilità di sviluppare capacità di team working o di fare vere e proprie esperienze pratiche, ma nemmeno ha il tempo di pensare a come il suo futuro potrebbe essere, anche al di fuori degli schemi che lǝ sono stati dettati da terzi.

Oltre la nozionistica

Sebbene la mole di cultura italiana sia ammirabile nellз “sopravvissutз”, venire a conoscenza di sistemi educativi come quello Australiano sbalordisce: attenzione alle abilità di comunicazione, all’autodisciplina, al lavoro di squadra e allo sviluppo della personalità, con un ampio coinvolgimento della comunità e programmi avanzati per studentɜ che vogliano guadagnare crediti aggiuntivi per le università. La divisione per grado di preparazione può sembrare un modo veloce per liberarsi di chi rimane indietro, ma solo se si guarda all’avanzamento scolastico in un’ottica prettamente meritocratica. Liberandosi dello stigma “laurea = intelligenza”, si comprende quanto raggruppare lз studentз per capacità e lasciare loro la possibilità di avanzare migliorandosi sia un’ottima scelta al fine di dotare tutti di una cultura generale e spianare più velocemente la strada a chi della cultura vuole farne un lavoro. 

Lo dimostra il fatto che i migliori sistemi scolastici presentino un modello simile: Finlandia, Olanda e Germania. Questi, insieme all’Australia, offrono una stabile integrazione tra scuola e lavoro che permette di scegliere un corso professionale senza completare tutti i cicli scolastici, spesso tramite tirocini mensili in aziende ed enti pubblici. Nulla a che vedere con i nostri percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento: in questi Paesi, al termine degli stage, se svolti a dovere, si riceve un’offerta di lavoro per il futuro e anche rifiutando, questi entrano a far parte del curriculum come vere e proprie esperienze lavorative.

Una scuola umana

Tuttavia la più grave assenza dell’istruzione italiana pare essere l’aspetto umano del sistema scolastico. Guardando infatti agli impianti educativi nel mondo si nota come la collaborazione tra studenti (e tra professorз e studentз) sia fondamentale. Nel nord Europa, ma anche in America, Oceania e nell’Asia dell’est, la scelta dellɜ docenti è altamente selettiva, poiché questз dovranno impegnarsi non solo ad istruire, ma anche ad incoraggiare lavori di gruppo e attività di tutoraggio. Qualora poi qualcunǝ, agli esami di metà anno (o alle verifiche informali mensili) mostri di essere rimastǝ indietro, l’insegnante ha l’obbligo di creare piani di studio personalizzati e concentrarsi sul singolo studente. 

La scuola stessa talvolta diventa, fuori dall’Italia, un ambiente di formazione individuale e socializzazione. Rimanere in classe sino alle nove di sera per noi è impensabile, eppure se fossimo natз in Giappone, Corea, Cina, Hong Kong, America o Finlandia sarebbe un’abitudine. Le struttura stesse, al suono dell’ultima campanella, offrono spazi per lo studio individuale o a gruppo, e dopo aver finito i pochi compiti per il giorno seguente, sono disponibili varie attività, dal corso di disegno, a quello di scrittura creativa, dalla squadra di basket al club di informatica. D’altronde se la scuola deve formare i cittadini del futuro, è bene che questi acquisiscano diverse capacità che vanno al di là della memorizzazione.

Una nuova scuola: si può fare

Secondo le indicazioni nazionali, la finalità generale della scuola è lo sviluppo armonico e integrale della persona, l’obiettivo invece è l’acquisizione delle competenze. Adesso che l’anno è giunto al termine e per alcunз si è anche concluso un ciclo d’istruzione, è necessario chiedersi se le suddette indicazioni siano state rispettate o no. Il sistema scolastico italiano riesce ad accompagnare unǝ ragazzǝ nella crescita personale sul piano sociale?

Se la risposta è no, prendere esempio da chi ci circonda è inderogabile: ciò che è sempre stato così, non deve rimanerlo ancora a lungo. Una scuola attenta allɜ studentɜ e impegnata nella formazione di unɜ cittadinɜ, sia nell’aspetto culturale che in quello morale e personale non è soltanto possibile, ma oltre i confini italiani alcunз ci sono già vicinз. Gli altri Paesi ci permettono di immaginare un sistema educativo totalmente diverso, e forse ora è il momento di ricostruire il nostro.

Alessia

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