Chi era Petronio?
Il personaggio di Petronio appare avvolto in un alone di dubbio e mistero e la limitatezza con la quale ci è pervenuta oggi la sua celebre opera Satyricon non può che confermare questa atmosfera, anche se può comunque darci un ritratto parziale dell’autore.
La tesi unionista
L’unica fonte storica che sembrerebbe attestare l’esistenza di questo autore è rappresentata dagli Annales di Tacito nei quali lo storiografo descrive un certo Petronio, funzionario di stampo culturale al tempo di Nerone (I sec. d.C) in qualità di arbiter elegantiae. Secondo i manoscritti del Satyricon i frammenti apparterrebbero a un incognito Petronio Arbitro e, proprio in virtù dell’analogia del nome rispetto al soprannome del funzionario, una parte della critica sostiene la coincidenza tra i due personaggi.
A supporto di questa teoria, detta anche tesi unionista, si pongono anche altri fattori: le vicende narrate hanno luogo in una città greca dell’Italia meridionale (probabilmente in Campania), ed è qui che, in modo plateale, si tolse la vita il Petronio di Tacito nel 66 d.C., accusato di aver partecipato alla congiura dei Pisoni. Oltre a ciò all’interno dell’opera numerosi sono i riferimenti a temi noti nella Roma del I sec. d.C. quali la decadenza della retorica, il piacere per la vita dissoluta condotta nell’ambientazione notturna, l’arricchimento dei liberti e i riferimenti lessicali al sermo plebeius utilizzato anche dal contemporaneo Seneca.
La tesi separatista
La posizione opposta sostiene la tesi separatista secondo cui non vi è un’identificazione tra i due Petronio, per diverse motivazioni: sembra strano che Tacito si sia servito proprio del cognome Arbitro per creare la qualifica di arbiter elegantiae; lo scenario economico descritto potrebbe indurre a datare l’opera all’età di Traiano; Quintiliano nel passare in rassegna generi, autori e opere della letteratura romana all’interno dell’Institutio Oratoria omette il Satyricon.
Il Satyricon di Petronio
L’unica opera di Petronio che ci è pervenuta è il Satyricon, nello specifico il XV capitolo nella sua interezza e pochi frammenti del XIV e del XVI capitolo (motivo per il quale non si conosce con certezza l’estensione della prima versione). Di quest’opera sono tanti gli aspetti poco certi: non solo l’autore e la data di composizione, ma anche il significato del titolo, le motivazioni della pubblicazione, la trama e il genere letterario.
I generi letterari
A tal proposito risulta estremamente difficile incasellare l’opera all’interno di un solo genere: pare ormai certo che Petronio abbia attinto a molteplici modelli.
- Come il romanzo greco (chiamato così soltanto in età moderna) la trama del Satyricon è avventurosa e al suo interno si articolano relazioni amorose complesse, spesso con la presenza di più rivali in amore. Tuttavia a differenza del romanzo greco si assiste all’alternanza di prosa e versi e la relazione amorosa è di tipo omosessuale, elemento inusuale per il romanzo greco.
- Dalla satira menippea riprende la presenza di parti in versi, di parodie nei confronti di altre opere letterarie e la varietà del lessico che spazia da un registro più alto a uno medio-basso, volutamente contro i generi letterari più elevati. Ciò che però distingue il Satyricon dal genere letterario della satira è l’assenza di un’attività morale e politica o di un giudizio personale, così come l’assenza della figura del satirico stesso (il satirico è totalmente nascosto e ciò ha fatto sì che negli anni si utilizzasse l’espressione “narratore svelato” e “autore nascosto”). Come è proprio del genere satirico, Petronio si serve di alcune caratteristiche del realismo, anche se il realismo di cui si serve è superiore rispetto agli altri autori satirici: Petronio non si limita a descrivere episodi della vita quotidiana, ma adotta una prospettiva mimetica e sempre diversa (quindi ancora più realistica). Questo gli consente di modificare con grande ironia il registro lessicale in funzione di quale personaggio sta parlando, pur mostrandosi molto distaccato dalla narrazione a causa del sentimento di disprezzo nei confronti del ceto dei nuovi ricchi.
- La commedia e il mimo sono altre fonti di ispirazione del Satyricon. Questi due generi sono caratterizzati da un’elevata comicità e dalla presenza di scene tratte dalla vita quotidiana delle classi popolari. Tra queste spiccano in modo particolare le scene gastronomiche, qui affrontate nel passaggio della cena di Trimalchione (che analizzeremo meglio tra poco).
- L’ultimo genere letterario da cui Petronio attinge è la fabula milesia che si contraddistingue per la presenza di un carattere spiccatamente licenzioso. Nello specifico nel corso della narrazione cinque diversi personaggi si cimentano nel racconto di cinque diverse novelle milesie, piuttosto esplicite nei particolari erotici, che cercano di soddisfare il piacere edonistico dell’autore nei confronti dell’intrattenimento narrativo.
Il titolo
Anche il titolo risulta piuttosto complesso da decifrare e sembra racchiudere più opzioni possibili. Il titolo originale poteva essere Satyricon libri, ovvero “Libri di cose dei satiri” o “Racconti satireschi” in riferimento alla figura semidivina del satiro che nella mitologia greca si ritrova spesso in vicende licenziose come quelle che si narrano nel corso dell’opera. Un’altra secondo interpretazione è quella per cui il titolo originale sarebbe Satirarum libri, con riferimento al genere letterario latino della satira con cui si descrive la quotidianità in modo comico e deformante.
I personaggi
A partire dai frammenti del Satyricon è possibile desumere un chiaro identikit dei principali personaggi coinvolti:
- Encolpio è il protagonista dell’opera: narra in prima persona le vicende che hanno luogo durante un viaggio rocambolesco e avventuroso nella parte meridionale del territorio italico a cui egli partecipa insieme ai compagni Ascilto e al Gitone.
- Ascilto è uno dei due compagni di viaggio di Encolpio: intrattiene una relazione con quest’ultimo, ma al contempo è attratto dal giovane Gitone.
- Gitone è il terzo a compiere questa avventura all’interno di una graeca urbs nell’Italia meridionale: rappresenta l’oggetto del desiderio dei due personaggi sopracitati ed è con lui che si realizza una sorta di triangolo amoroso.
- Trimalchione è un liberto molto facoltoso (il liberto era uno schiavo affrancato dalla sua condizione di schiavitù e quindi liberato), esempio evidente delle conseguenze negative dell’arricchimento. Nel corso della scena che si svolge presso la sua abitazione viene sottolineato il cattivo gusto della cena, delle chiacchiere e dello sfarzo che non viene descritto in modo lussurioso, ma anzi come rozzo e sgraziato. Spesso si tradisce da solo, confermando come sotto l’apparenza colta e arricchita vi siano delle umili origini.
- Eumolpo entra in scena dopo la fuga dalla cena di Trimalchione quando Encolpio, deluso dall’allontanamento di Ascilto insieme a Gitone, entra in una pinacoteca e incontra questo anziano poeta. Insieme raggiungeranno i primi due e, una volta liberatisi di Ascilto, anche Eumolpo cercherà di entrare nelle grazie di Gitone.
La trama
Comincia la narrazione ed Encolpio discute con Agamennone, maestro di retorica, della decadenza dell’oratoria. Insieme al primo troviamo Ascilto e il sedicenne Gitone, oggetto delle attenzioni di entrambi. Una matrona romana di nome Quartilla coinvolge i tre in una serie di riti in onore del dio Priapo, divinità simboleggiante la forza generatrice maschile molto ricorrente nelle avventure del Satyricon.
Una volta sfuggiti alla matrona, i tre vengono invitati a una cena dal liberto Trimalchione e dalla moglie Fortunata. Qui assistono a una sfarzosa ma rozza ostentazione di ricchezza sia nelle portate sia nell’arredamento della casa. La rivalità di tipo amoroso tra Encolpio e Ascilto nei confronti del giovane Gitone culmina in una grande lite e termina con la fuga di Ascilto in compagnia di Gitone.
Encolpio entra allora in una pinacoteca e fa la conoscenza di Eumolpo, un tempo soldato e ora poeta, che inizia a declamare una composizione sulla presa di Troia, dopo averlo visto fissare un quadro che ritraeva l’argomento. Ne viene fuori una parodia che sottolinea l’incapacità del vecchio poeta. Encolpio, dopo varie peripezie, ritrova i compagni di viaggio ma rimane soltanto con Gitone, una volta liberatosi di Ascilto. Ai due si unisce Eumolpo, attratto dal giovane, ricostituendo un nuovo triangolo amoroso.
La scena si sposta da una città greca del campano a una nave diretta a Crotone ed è sulla nave che Encolpio ritrova il suo vecchio nemico Lica, ma si traveste per non farsi riconoscere. Eumolpo cerca di distrarre Lica con il racconto della matrona di Efeso, ma ciò non è sufficiente a placare la sua ira e i tre si salvano soltanto grazie a una tempesta che butta in mare Lica e che fa finire sulla spiaggia i tre sopravvissuti.
La caratteristica degli abitanti di Crotone è l’attiva ricerca dell’eredità. Per questa ragione Eumolpo inizia a fingersi un ricco uomo senza eredi con Encolpio e Gitone come suoi schiavi che egli intrattiene con un lungo poemetto sulla guerra civile tra Cesare e Pompeo: il Bellum Civile, molto simile alla Pharsalia di Lucano. Encolpio ha una relazione con una donna di nome Circe ma, perseguitato dal dio Priapo, viene abbandonato dalle sue facoltà sessuali e decide di sottoporsi a imbarazzanti pratiche magiche, senza successo. Infine si assiste alla strategia di Eumolpo messa in atto per sfuggire ai cacciatori di dote: chi sarà disposto a cibarsi del suo corpo riceverà in dono tutta la sua eredità.
La cena di Trimalchione
La scena in cui si svolge la cena di Trimalchione è probabilmente quella più rappresentativa dell’epoca ed è anche uno dei pochi episodi a esserci pervenuto in maniera integrale. Portate scenografiche, chiacchiere rozze e sceneggiate di vario tipo si alternano nel corso della serata sotto gli occhi dei tre avventurieri che erano stati scritturati per partecipare al banchetto. Molti hanno spesso individuato dietro la figura di Trimalchione quella dell’imperatore Nerone, ma sono svariati i riferimenti al passato di Trimalchione che, a differenza di molti liberti arricchiti, non dimentica la sua bassa origine di provenienza.
I modi in cui questo liberto e la moglie esibiscono la propria ricchezza rispondono all’unico requisito della stravaganza: arredi barocchi e pietanze sceniche come rognoni, bistecche e sanguinacci fagocitano i convitati in uno spazio contornato dai più liberi piaceri e bisogni. Nel corso della cena lo stesso Trimalchione legge il suo testamento e simula il proprio funerale con tanto di pubblico in lacrime, avendo indotto tutti gli ospiti a simulare la disperazione per l’accaduto. Di conseguenza lo sfarzo va a confluire nel cattivo gusto e spesso anche nel disgusto, pur di manifestare il proprio agio acquisito. E, nonostante nel corso della cena egli tenti di addentrarsi in discorsi sulla letteratura e la cultura, il risultato finale sarà sempre quello del ridicolo.
Lo stile di Petronio
Lo stile in cui Petronio compone il Satyricon è molto complesso e particolare in quanto funzionale al raggiungimento di molteplici obiettivi. Uno di questi è chiaramente quello di suscitare il riso nel lettore e, pertanto, non può che usare della sincera ironia nei confronti dei generi letterari più elevati (dei quali fa una parodia in più occasioni) o in generale dello stile di vita dei liberti, ormai arricchiti a seguito della pratica della delazione. Comunque tale ironia non va considerata come uno stratagemma per generare un’esasperazione o una deformazione della realtà. Il secondo obiettivo dell’autore, a tal proposito, resta sicuramente quello di comunicare in modo fedele alla realtà quegli aspetti della vita quotidiana della Roma antica per cui si poteva iniziare a parlare di decadenza morale o di perdita delle ispirazioni tipiche del mos maoirum. È poi Petronio stesso a volersi divertire tramite la realizzazione di quest’opera attraverso un umorismo elevato e raffinato che però lascia trasparire un certo sentimento di disprezzo.
Per quanto concerne il linguaggio nel corso del racconto Petronio riesce ad articolarlo a seconda dell’interlocutore, così da rendere l’opera più realistica possibile. In questo modo si assiste a un continuo cambio di registro: fintamente elaborato in modo ridicolo per i personaggi su cui ironizza, piuttosto diretto e colloquiale per il narratore Encolpio e, infine, popolare e sgrammaticato per i personaggi appartenenti ai ceti sociali più bassi e meno colti.