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Educazione positiva: cos’è e perché ne abbiamo bisogno

Ott 8, 2021

La psicologia è percepita da molte persone come una disciplina che si occupa della comprensione e della cura degli aspetti disfunzionali del comportamento umano. Effettivamente, fino agli anni ‘80, soprattutto a causa delle ripercussioni psicologiche dei due conflitti mondiali, è prevalso un approccio centrato sugli effetti patologici della persona. Gradualmente, però, l’attenzione di molti psicologi si è spostata su una prospettiva focalizzata sulle dimensioni positive del funzionamento mentale e all’inizio del secondo millennio è nata la Psicologia Positiva. Questa nuova direzione di ricerca, i cui fondatori sono Martin Seligman e Mihaly Csikszentmihalyi, promuove un approccio scientifico allo studio del benessere. Nello specifico, la Psicologia Positiva indaga le emozioni positive, le forze del carattere e le istituzioni che promuovono la crescita e la realizzazione del potenziale individuale. Negli ultimi vent’anni, infatti, sono stati sviluppati diversi modelli di intervento e teorie che mirano allo sviluppo del benessere e della soddisfazione della vita. Lo scopo ultimo della Psicologia Positiva, come scrive Seligman nel suo libro Imparare l’ottimismo, è “rendere la vita degna di essere vissuta”. 

L’applicazione dei principi della Psicologia Positiva in ambito scolastico ha dato vita ad un altro approccio: l’Educazione Positiva. L’aumento del disagio psicologico, dell’assentesimo, della depressione e della dispersione scolastica ha portato all’elaborazione di un modello educativo basato sull’idea che il benessere psicologico contribuisca al successo nella formazione scolastica. In altre parole, compito dell’Educazione Positiva è promuovere il funzionamento ottimale e la soddisfazione nei contesti scolastici, prevenendo disagi psicologici e sviluppando apprendimento e pensiero creativo. Come? Applicando gli interventi della Psicologia Positiva sui banchi di scuola. 

Emozioni positive 

Al centro della riflessione della Psicologia Positiva troviamo le emozioni positive, esperienze emotive correlate al piacere, alla soddisfazione della vita e all’espressione del pieno potenziale della persona. Nel corso dei millenni, l’evoluzione le ha preservate: a cosa servono e qual è la loro funzione? Negli anni ‘90, la psicologa statunitense Barbara Fredrickson rispose a questa domanda con la teoria “Broaden and Build”: le emozioni positive hanno una funzione adattiva, in quanto ampliano le capacità di azione e di pensiero e costruiscono un bagaglio di risorse sempre accessibile, essenziale per gestire le avversità della vita. In altre parole, l’esperienza emotiva positiva stimola la creatività e la flessibilità di pensiero, amplia la nostra prospettiva sul mondo e sulle opzioni da valutare. In ambito educativo, il loro potenziale è evidente: hanno un forte impatto sul focus dell’attenzione, la motivazione e il coinvolgimento, e promuovono il cosiddetto “flow”, l’esperienza ottimale di apprendimento

Qualche esempio? Un insegnante che entra in classe e sorride esprime una delle emozioni positive più potenti, la gioia: crea un clima confortevole e sicuro, stimola lз alunnз a fare altrettanto e a cominciare la lezione in serenità e leggerezza. Un’altra emozione chiave è l’interesse, che nasce dai compiti più stimolanti, ci spinge ad esplorare il mondo e promuove un sapere stabile. Tutto parte dall’atteggiamento dellǝ docente e dalla sua capacità di creare una lezione dinamica: lз insegnanti manifestano e generano interesse attraverso chiarezza espositiva, entusiasmo, mimica facciale e gestualità. Appagamento, amore e gratitudine sono altre emozioni dal grande potenziale educativo, che gettano un ponte tra studentǝ e insegnante, creano ispirazione e stimolano l’apprendimento. 

Una menzione particolare merita la compassione: dal latino cum patior, cioè “sopportare insieme a”, indica la percezione della sofferenza e dell’affanno altrui e la nostra capacità di provare empatia. La compassione educa al rispetto, perché implica il riconoscimento dell’altro come persona: è una forma di amore per il prossimo, che porta alla sospensione del giudizio su di sé e sugli altri, stimola la gratuità dei gesti e la fiducia verso l’altro. Educare alla compassione a scuola crea un senso di comunità, rafforzato dall’attenzione e dalla gentilezza quotidiana di studentз e insegnanti. 

Il flow 

Un termine che oggi si sente spesso in ambito educativo, sportivo e artistico è “flow”, lo stato psicologico dell’esperienza ottimale di un’attività. Vi siete mai sentitз completamente “immersз” in una partita di calcio, nell’esecuzione di un brano musicale o nella lettura di un libro, al punto da perdere la percezione del tempo? Questa sensazione totalizzante di coinvolgimento è il flow, che si basa su nove dimensioni:

  • equilibrio tra sfide e abilità
  • coinvolgimento
  • obiettivi chiari da raggiungere attraverso l’attività
  • feedback immediato
  • piena concentrazione
  • perdita della consapevolezza di sé
  • pieno controllo percepito circa il compito
  • destrutturazione del tempo
  • esperienza autotelica (attività è sentita come appagante per sé, non vissuta in funzione di ricompense o guadagni successivi)

L’importanza del flow in ambito educativo risiede nella sua natura di dispositivo motivazionale naturale: stimolando una motivazione intrinseca (cioè non legata a ricompense esterne), ci spinge a ripetere l’attività e porta a massimi livelli di performance e impegno. Le attività extracurriculari sono un esempio di ambito di applicazione del flow, che può essere un’esperienza individuale o di gruppo, inteso come “stato mentale collettivo” positivo. 

Insegnare le emozioni positive

Il primo passo per introdurre le emozioni positive nel mondo della scuola è l’alfabetizzazione emotiva di studentз e insegnanti: il presupposto della consapevolezza dell’esperienza emotiva è la capacità di riconoscerla. Educare alle emozioni richiede una piena coscienza da parte dell’insegnante, che deve aver imparato ad individuarle e processarle: solo a quel punto sarà in grado di riconoscerle e stimolarle nei suoi studenti. Questo processo si basa su un aspetto fondamentale del contesto educativo: lǝ docente è un modello e un punto di riferimento per la classe, una presenza adulta a cui si guarda come paradigma ad un’età in cui si stanno formando la personalità e il modo di rapportarsi con la realtà. 

In questo senso, l’insegnante è un “allenatore emotivo” che mostra di sapere gestire le proprie reazioni e di provare empatia verso lз alunnз, servendosi di un linguaggio emotivo efficace e attento. In altre parole, il primo modo per insegnare le emozioni positive è il modellamento, ossia l’esperienza sulla propria persona delle emozioni positive in classe, accompagnata dalla loro condivisione e spiegazione. Lǝ docente spiega e analizza le emozioni positive e ne dà prova nel suo atteggiamento quotidiano, diventando così modello di un nuovo modo di vivere e argomentare la propria emotività. 

Trasferimento e contagio emotivo sono altri meccanismi di apprendimento delle emozioni e si basano su una potente proprietà delle emozioni, ovvero la loro capacità di trasferirsi da un oggetto all’altro. Quante volte vi è capitato di apprezzare una materia (o disprezzarla) perché ammiravate (o non apprezzavate) l’insegnante? L’emozione positiva provata verso lǝ docente può facilmente trasferirsi sulla materia che insegna: è un processo naturale, di cui tutti gli studenti fanno esperienza più o meno consciamente. Nel contagio emotivo, invece, l’entusiasmo dell’insegnante verso la propria disciplina si trasmette allǝ studentǝ: lezioni dinamiche, in cui emergono chiaramente la passione e l’interesse dellǝ professorǝ, stimolano emozioni simili nellз alunnз. Qualunque sia il modo con cui insegniamo o trasmettiamo le emozioni positive, il primo passo per favorirne l’apprendimento è notarle e riconoscerle durante la giornata. 

Virtù e Forze del carattere

L’Educazione Positiva promuove lo sviluppo e il riconoscimento delle emozioni positive, ma si esprime anche attraverso altre dimensioni fondamentali. Prima fra tutte, troviamo la formazione del cosiddetto “buon carattere”, che, secondo il manuale Strenghts and Virtues di M. Seligman e C. Peterson, è dato da alcune virtù fondamentali e forze temeramentali presenti in tutte le culture. In altre parole, si riconoscono sei virtù universali (Coraggio, Saggezza, Umanità, Giustizia, Trascendenza e Temperanza) intorno a cui si raccolgono caratteristiche personali stabili che possono essere apprese e coltivate. L’unicità di ciascuno risiede in una combinazione di forze distintive e spontanee in cui ci si riconosce e nella capacità di apprenderne altre meno proprie. Per l’Educazione Positiva, compito dell’insegnante è prima di tutto riconoscersi nelle proprie forze distintive (self-empowerment) e, attraverso un processo di auto-analisi, comprendere come migliorare quelle in cui invece è più debole. Solo in seguito potrà riconoscere e insegnarle allз propriз alunnз, facendo leva sui loro punti di forza unici e portandolз a notarli, sfruttando il trasferimento, il contagio emotivo e il feedback positivo. 

Il feedback positivo

Il feedback non è che il riscontro del docente sulla prestazione o la conoscenza di unǝ studentǝ, e rappresenta uno dei punti cruciali del dibattito sulla disfunzione del sistema scolastico italiano. Il feedback infatti può essere motivante e promuovere benessere psicologico e apprendimento oppure deleterio e demotivante. Nel primo caso distinguiamo tra feedback positivo (riconoscimento dell’impegno e del progresso verso gli obiettivi) e correttivo (espressione della distanza tra competenze acquisite e obiettivi senza giudizio e svalutazione). Il secondo caso, il feedback di critica, coinvolge purtroppo una buona parte dell’esperienza scolastica dellз ragazzз e passa attraverso rifiuto, svalutazione e derisione. L’Educazione Positiva studia le modalità e le conseguenze del feedback positivo in termini di ricadute psicologiche, spiegazioni di successo e fallimento, giudizio su sé stessз, crescita e apprendimento. Approfondimento e riflessione in questo senso da parte dellз insegnanti non possono che portare ad una maggiore consapevolezza del proprio comportamento in classe e dei suoi effetti, soprattutto in un contesto incentrato sulla performance e sulla valutazione come quello italiano. 

Altre dimensioni fondamentali di indagine dell’Educazione Positiva sono l’ansia e lo stress di studentз e insegnanti (sindrome da burnout, strategie di coping, consapevolezza e prevenzione). Altre ancora sono la Mindfulness, l’apprendimento e lo sviluppo dell’ottimismo (al centro della riflessione di M. Seligman e della sua teoria del benessere), la speranza e la resilienza. Tutti questi aspetti sono complementari tra loro, e mirano alla costruzione di un’esperienza educativa piena e positiva, libera dai bias negativi della società e della tradizione scolastica. 

Un nuovo orizzonte per la scuola italiana 

Siamo così poco abituatз a notare e valorizzare le emozioni positive e assuefattз ad un’idea di apprendimento tradizionale, che la nozione di Educazione Positiva risulta utopica, o addirittura banale e fuori luogo. Il risultato? Cresciamo con la convinzione e la percezione che il benessere psicologico sia secondario e svincolato dall’apprendimento e che, peggio, non sia responsabilità dellз insegnanti, ma di alunnз e genitori. Quantз insegnanti si preoccupano per la salute psichica dellз propriз studentз? Quantз mettono in discussione o riflettono sulle proprie modalità di insegnamento, comunicazione e valutazione alla luce delle conseguenze che avranno sullз studentз? Quantз, ancora, sono consapevoli della responsabilità e della figura di riferimento che rappresentano e agiscono di conseguenza? Prima di accusare lз professorз, però, si ricordi questo: anche loro sono statз studentз. Cosa hanno imparato? 

Il presupposto limitato, eredità di una lunga tradizione scolastica, per cui l’insegnamento valido si misura in termini di performance, quantità di nozioni assimilate e argomenti trattati ci porta inconsciamente e credere che per imparare non serva stare bene o far stare bene. Lo possiamo notare dall’importanza che diamo a una domanda come “Ti ho visto molto interessato e attento ai tuoi compagni in questa attività, come ti sei sentito? È bello sentirsi così, vero?” o una frase come “ Grazie del tuo sorriso, sei molto gentile”. Eppure, il potenziale di frasi come queste in una classe è di gran lunga maggiore di un 10, una lode o un premio accademico. 

La mancanza di attenzione e valorizzazione della salute mentale dellз ragazzз è forse il deficit più grave della scuola italiana, aggravato dalle priorità di una tradizione statica e orgogliosa che fatica ad aprirsi. Esiste una soluzione? Come tutti i cambiamenti di sistema e di pensiero, anche questo sarà un percorso lungo e difficile, ma un primo passo potrebbe essere proprio l’avvicinamento all’Educazione Positiva. Introdurne lo studio nelle facoltà universitarie che avviano all’insegnamento sarebbe un buon inizio, una garanzia di formare professorз attentз e consapevoli del proprio benessere e di quello del prossimo. Tuttз lз professorз sono statз studentз: è sui banchi di scuola che si impara a stare in cattedra. 

Elena

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