Introduzione generale all’idealismo tedesco
L’idealismo tedesco è una corrente filosofica che si sviluppa in Germania negli ultimi decenni del Settecento. Essa raggruppa una serie di autori che si oppongono alla filosofia illuminista di Immanuel Kant. Tra questi pensatori che prenderanno il nome di idealisti possiamo annoverare J. G. Fichte, F. W. J. von Schelling e G. W. F. Hegel. Questi autori hanno l’esigenza di ritrovare una scintilla di fede, riscoprire la spiritualità e la centralità dell’io: tutti soggetti che il razionalismo kantiano aveva messo in un angolo, etichettandoli come inconoscibili.
La critica a Kant
Una costante della storia delle filosofia è che le nuove correnti di pensiero partano dalla critica delle precedenti. Allora quale errore trovano gli idealisti tedeschi nel sistema della critica kantiana? Ad attirare l’attenzione è la cosa in sé o noumeno, come Kant l’ha chiamata nei suoi scritti. Il noumeno è un concetto ontologico che non ha validità gnoseologica: esso esiste al di fuori dell’essere umano, ma vi entra in contatto a livello sensibile e di conseguenza causa nella mente umana concetti filtrati dalle sue stesse strutture mentali.
Tuttavia gli autori dell’Idealismo tedesco notano che, essendo il noumeno esterno e inconoscibile al soggetto umano (il quale ha solo al suo interno il principio di causalità) come può l’essere umano dire che il noumeno causi una conoscenza fenomenica? Applicare il principio di causalità al noumeno fa del noumeno stesso un fenomeno che la mente umana è in grado di approcciare; quindi il noumeno non esiste e non rimane nulla al di là del soggetto, principio assoluto del mondo fenomenico.
L’io in funzione del tutto
Assolto dal peso del noumeno, l’io si riappropria di tutto il trascendente e diventa sia creatore che creato. La percezione dell’io come spirito di natura organica è il fattore comune dei filosofi dell’Idealismo tedesco e non solo: l’io è protagonista di tutto il Settecento, sia nel panorama filosofico sia in quello storico e letterario. La corrente dell’Idealismo tedesco presenta diverse sfumature ma, a partire dalla concezione dell’io assoluto, se ne possano individuare le caratteristiche principali:
- L’organicismo: mentre per Kant prima dell’esperienza sensibile ci sono solo alcune categorie gnoseologiche (dette perciò “a priori”), nell’Idealismo a priori vi è il Tutto. Le singole parti sono solo una conseguenza dell’organismo; non esistono dunque a sé, ma “in funzione di”. Si può vedere una concezione organicista nella filosofia politica di Fichte e nell’assolutismo di Schelling.
- Il recupero del sentimento: Il razionalismo kantiano aveva decretato un severo agnosticismo riguardo ogni concetto di spiritualità e religiosità, riservando al sentimento solo la percezione del bello. Nell’Idealismo, sull’onda del Romanticismo tedesco e del movimento Sturm und Drang, il sentimento assume un valore conoscitivo che permette di cogliere con la mente il trascendente. Tale spiritualità mistica si ritrova in modo particolarmente chiaro nella concezione dell’arte di Schelling.
- Lo storicismo: durante il XVIII secolo nasce una particolare attenzione per la storia, soprattutto a seguito del pensiero di Hegel. Questi infatti inaugura lo storicismo, ossia la visione della storia del mondo come una successione logica e dialettica di diverse fasi. Queste, nel caso particolare di Hegel, costituiscono le esperienze dello Spirito assoluto impegnato nella propria auto-identificazione.
Gli autori principali dell’idealismo tedesco
Johann Gottlieb Fichte (1762 – 1814), il primo autore dell’idealismo tedesco
Nato a Rammenau nel 1762, Fichte è riconosciuto ufficialmente come il primo filosofo dell’Idealismo tedesco. Studia teologia a Jena e Lipsia, per poi lavorare come precettore lottando contro la miseria di famiglia. Il suo percorso filosofico ha inizio quando entra in contatto con la filosofia di Kant.
Il principio alla base della della filosofia di Fichte è l’io. Infatti dopo aver criticato la «chimerica cosa in sé» kantiana, il filosofo di Rammenau attribuisce all’io l’origine formale e materiale dell’attività del conoscere. Per mettere in luce l’io Fichte è convinto che serva la filosofia, scienza della scienza, ossia sapere che definisce il principio primo da cui è possibile dedurre tutto lo scibile. La deduzione fichtiana, esposta nella Dottrina della scienza (1813), è assoluta e metafisica poiché parte dall’io, il quale è indeducibile. Infatti la natura dell’io è la sua stessa attività creatrice: Fichte lo definisce come Tathandlung, ossia attività agente (Tat) e prodotto della medesima azione (Handlung).
In virtù dell’io si possono dunque enunciare i tre principi fondamentali della dottrina della scienza nonché dell’intero pensiero fichtiano:
- L’io pone se stesso: ciò stabilisce l’essenza dell’io come un’attività assolutamente libera e creatrice, pura azione.
- L’io pone il non-io: nel momento in cui l’io intuisce se stesso, esso comprende anche la presenza di qualcosa opposto a se stesso che, pur essendo diverso dall’io, viene posto dal medesimo e pertanto esiste in esso. Il non-io è un oggetto, il mondo, la natura: qualcosa di materiale e diversificato rispetto all’unità dell’io creatore. D’altronde la creazione di un negativo sul quale definirsi fa parte del processo di autocoscienza dell’io, il cui dovere è il perfezionamento di se stesso all’infinito, ossia l’attività di conoscersi e arrivare a identificarsi con il non-io attraverso una razionalizzazione dell’oggetto.
- L’io oppone nell’io assoluto un io divisibile a un non-io divisibile: questo enunciato esprime la presenza nel mondo di una molteplicità di non-io, ossia oggetti finiti e diversi tra loro i quali vengono posti da diversi io finiti. Un io finito è un essere umano la cui intelligenza e ragione permette di prendere coscienza di sé e di razionalizzare il non-io che si trova davanti. Tuttavia l’essere umano, in quanto io finito, fa capo comunque all’io infinito e unico da cui tutto ha avuto inizio. Egli è dunque una parte infinitesimale dell’immenso organismo che mira alla totale auto-identificazione di sé, la quale avviene attraverso l’atto del conoscere.
I tre principi della dottrina della scienza hanno una struttura dialettica e triadica che va percepita non in ordine cronologico, ma logico. La razionalità intrinseca nell’esistenza dell’io esige un continuo scontro tra soggetto e oggetto affinché venga stimolata l’attività conoscitiva dell’io stesso. In tal senso Fichte vede nella scelta di una filosofia idealista una presa di posizione in campo etico. Infatti l’essere umano idealista sceglie l’azione e la libertà della propria persona nel fare del mondo esterno un riflesso del proprio sé.
L’elogio dell’attività incessante si ritrova nella Missione del dotto (1794) dove Fichte esprime l’esigenza dell’io finito, ossia dell’essere umano, di farsi libero e rendere liberi gli altri in vista della completa unificazione del genere umano. Fichte stesso fa un tentativo di perfezionamento morale diffondendo i Discorsi alla nazione tedesca (1807-1808). In questi scritti annuncia il primato del popolo tedesco in virtù dell’unità culturale e linguistica che lo caratterizza. Solo un popolo con tale uniformità costituisce un’unità organica che fa proprio il senso della nazione e che pertanto ha l’obbligo morale di educare gli altri popoli a riguardo.
Friedrich Wilhelm Joseph von Schelling (1775 – 1854), il filosofo più rappresentativo dell’idealismo tedesco
Il secondo grande rappresentante dell’Idealismo tedesco è Schelling, nato a Leonber nel 1775. Studia teologia e filosofia allo Stift di Tubinga dove entra in contatto con la filosofia di Fichte (che insegnava allo Stift) e dove conosce il poeta Hölderlin e il filosofo Hegel, con i quali intratterrà uno stretto rapporto di amicizia per tutta la vita.
A differenza di Fichte Schelling unisce nel concetto dell’assoluto sia l’io che il non-io facendo di tutto l’esistente un organismo unico che ha in sé la ragione della propria esistenza e il proprio fine. In tal senso si può definire la filosofia di Schelling come un organicismo finalistico e immanentistico nella quale l’organismo assoluto è la natura, capace di organizzare se stessa. Infatti in Idee per una filosofia della natura (1797) Schelling descrive la natura come attività spontanea e creatrice, entità che lui stesso accosta all’antico concetto dell’anima mundi. Infatti la natura si identifica con lo spirito e viceversa, presentando così gli stessi caratteri di fondo dell’io fichtiano: è libera, assoluta, creatrice di sé e del tutto.
L’azione della natura di Schelling si realizza però a patto di dualizzarsi in due principi base: attrazione e repulsione. Poiché tutto è prodotto da una forza e dal suo opposto, anche la natura procede nella tensione tra due contrari. In base al risultato della lotta tra queste due forze si può avere:
- un corpo non vivente se sono in equilibrio;
- un fenomeno chimico se l’equilibrio si rompe e poi si ristabilisce;
- la vita se la lotta continua senza che nessuna delle due forze trovi equilibrio.
La polarità attrazione-repulsione si concretizza in tre manifestazioni di forze universali a cui corrispondono tre proprietà nel mondo organico:
- il magnetismo che esprime la coesione ed è legato alla sensibilità;
- l’elettricità che esprime la continua lotta tra i due poli di segno contrario e dà vita alla sensazione di irritabilità;
- il chimismo che è la manifestazione dell’inarrestabile metamorfosi del mondo fisico e corrisponde alla produzione.
Sotto queste forze invisibili la natura procede inconsciamente dal mondo inorganico al mondo organico, dove acquisisce l’autocoscienza. Dunque la storia della natura è un’«odissea dello spirito» che raggiunge se stesso nell’essere umano: in esso lo spirito si rende manifesto a se stesso. Tuttavia secondo Schelling nella storia dell’essere umano spirito e natura, conscio e inconscio nonostante la loro corrispondenza si configurano come due poli distinti. Questi raggiungono l’unità solo nella figura dell’artista, il quale genera sia in modo inconsapevole che in modo consapevole la realizzazione della storia dello spirito. L’ispirazione artistica è il momento di coscienza prima dell’attività inconsapevole, in cui l’artista si affida al proprio inconscio per manifestare concretamente un’immagine armonica della natura unita allo spirito.
Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1788 – 1793), il più famoso membro dell’idealismo tedesco
Nato a Stoccarda nel 1788, Hegel è uno spartiacque nella storia della filosofia e un altro massimo rappresentante dell’Idealismo tedesco. Il suo pensiero mira a creare una formulazione definitiva del sapere assoluto, costruendo tutta la storia dello spirito, principio creatore del tutto, attraverso fasi ben distinte che si susseguono in un processo dialettico sotto la spinta della contraddizione. Tali fasi, sebbene differiscano ogni volta, rientrano sempre nelle tre categorie logiche di tesi, antitesi e sintesi. D’altronde Hegel era convinto che vi fosse assoluta identità tra ragione e realtà e che tutto ciò che accade sia razionale e di conseguenza necessario. Il panlogismo hegeliano esclude dunque qualsiasi elemento irrazionale, il quale diventa accidentale e ontologicamente privo di senso.
Storicismo, dialettica, contraddizione, spirito e razionalismo sono le parole chiave della filosofia di Hegel e della sua opera più conosciuta: la Fenomenologia dello spirito (1807). Sebbene il vocabolo “ragione” possa apparentemente stridere con l’etichetta generale di Idealismo, è necessario notare che per Hegel (come per Fichte) la ragione non corrisponde alla mente umana o alle categorie kantiane, ma a un intelletto metafisico assoluto. Mentre però per Fichte l’io razionale ha il compito di continuare il proprio processo di perfezionamento all’infinito, per Hegel attraverso la ragione dialettica il finito trova la propria soluzione nell’infinito e lo spirito arriva alla conoscenza di sé.
La Fenomenologia è dunque la manifestazione dello spirito a sé stesso per arrivare alla piena consapevolezza della propria storia. In questo processo il filosofo si pone alla fine del percorso da dove, contemplando l’intero, è capace di districare a ritroso le tappe percorse. Tuttavia, a differenza di Schelling, Hegel non contempla l’assoluto annullando le differenze. La sua filosofia non è «una notte in cui tutte le vacche sono nere», ma un’analisi logico-razionale delle contraddizioni intrinseche all’unità del tutto.
Ci sarebbe ancora molto da dire sulla filosofia di Hegel anche al di fuori del suo confronto con l’idealismo tedesco. Se vuoi approfondire, puoi consultare i nostri appunti su Hegel.