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Menandro e la commedia nuova

Ott 28, 2021

Introduzione a Menandro

La biografia (342 – 291 a.C.)

Menandro nasce ad Atene nel 342-1 a.C. da una famiglia agiata ed è forse nipote del commediografo Alessi, il capofila della cosiddetta “commedia di mezzo”. È discepolo del filosofo peripatetico Teofrasto e ha stretti rapporti con il filosofo e politico Demetrio Falereo, il quale tra 317 e 307 a.C. instaura ad Atene un regime di dispotismo illuminato. Anche il filosofo Epicuro, suo contemporaneo e compagno di efebia, influirà molto sull’opera di Menandro.  

Menandro esordisce in teatro ad Atene nel 322 a.C. con Ira e da allora inizia la sua intesa attività di drammaturgo. Menandro è molto legato alla sua città, anche se si tiene sempre lontano dalla vita politica. La sua produzione si stima essere molto vasta, intorno al centinaio di commedie. Nonostante ciò durante le annuali competizioni fra autori teatrali che si svolgevano in occasione delle Dionisie e delle Lenee (delle festività in onore del dio Dioniso) ottiene solo otto vittorie. Muore nel 291 a.C., probabilmente annegato nel Pireo. 

Menandro e la tradizione

Sebbene in vita non abbia molta fortuna, dopo la morte di Menandro la sua opera viene apprezzata sin da subito. Essa infatti costituisce il modello principale della commedia latina di Plauto e Terenzio: la commedia plautina riprende l’amore per l’intreccio e i colpi di scena, quella terenziana si concentra sull’approfondimento psicologico e sull’umanità dei personaggi. Fino alla metà del XIX secolo la nostra conoscenza di Menandro si limitava quindi a circa novecento frammenti di tradizione indiretta. La ricostruzione della sua poetica si basava quasi interamente sulla rielaborazione che ne avevano fatto sia Plauto che Terenzio, anche se era impossibile sapere quale fosse il grado di libertà che i due autori si erano concessi rispetto all’originale. 

A partire dalla seconda metà dell’Ottocento, le opere di Menandro ci sono pervenute tramite dei ritrovamenti di età antica: numerosi papiri in Egitto hanno rivelato buona parte della sua produzione. Nel 1907 viene ritrovato un papiro che conteneva cinque commedie e nel 1957 viene ritrovato il Misantropo, leggibile per intero; possediamo anche scene isolate di altre commedie e i loro riassunti. Altri ritrovamenti ci hanno permesso di leggere parti consistenti dello Scudo, dell’Uomo di Sicione e dell’Odiato, l’opera più apprezzata nell’antichità. Ad oggi l’ultima scoperta risale al 2003 e riporta frammenti del Misantropo e di un’altra opera prima sconosciuta.

L’opera di Menandro

I caratteri innovativi delle opere di Menandro: struttura, registro linguistico e stile

Le novità introdotte da Menandro risultano evidenti attraverso il confronto con Aristofane. La struttura dell’opera menandrea è completamente diversa: si articola in cinque atti e segue le unità di tempo e di luogo. L’azione si svolge in una sola giornata e ha un’ambientazione cittadina: sulla scena si apre uno spazio pubblico, sul cui sfondo emerge la condizione delle classi più povere. Il numero degli attori, che ricoprono sia le parti maschili sia quelle femminili, rimane fisso a tre. Il coro è assente, perciò il verso dominante è il trimetro giambico, giudicato da Aristotele il più adatto a riprodurre il ritmo della conversazione.

Il registro linguistico è medio: evita l’immagine colorita, non ama metafore audaci, non si avvale di neologismi, utilizza uno stile piano e colloquiale; in pratica si sforza di riprodurre sulla scena la lingua del pubblico cittadino. Lo stile è in grado di rendere sottilmente le sfumature psicologiche caratteriali e linguistiche, anche in base al rango sociale.

I caratteri innovativi delle opere di Menandro: i temi e gli schemi narrativi

I temi affrontati sono ancora più innovativi: non si pone al centro la vita politica della città, ma ci si concentra su vicende private, legate per la maggior parte al tema amoroso. Si ripete spesso un identico schema narrativo: due innamorati vengono separati e devono superare notevoli ostacoli per coronare infine il sogno d’amore. Non ci sono espliciti riferimenti alla sessualità, ma il focus è più che altro sul tentativo dei personaggi di riguadagnare una stabilità affettiva. Tutto tende a ritornare sempre all’ordine, all’opposto di quanto accade nelle opere di Aristofane.

C’è una nuova attenzione all’evoluzione interiore dei personaggi (frutto dell’influenza del modello di Euripide), visibile oltre che nella trama anche nel prologo espositivo, negli intrecci elaborati e ricchi di colpi di scena. Dalle commedie di Menandro emerge il messaggio che l’unica via per raggiungere l’epilogo e superare gli ostacoli è un percorso di crescita che prevede il rifiuto dell’ipocrisia e dell’apparente equilibrio dalla cui rottura si era generato l’intreccio della trama. Sono spesso i vecchi e gli adulti a incarnare i falsi valori di cui ci si deve liberare. Con essi entrano in conflitto i giovani, essendo ancora in grado di provare slanci di passione e sentimenti autentici. 

Una commedia nuova

Questa commedia nuova rispecchia un mutato clima culturale: la società è più fragile, il caso è responsabile delle oscillazioni e dei turbamenti della vita; così si consuma una rottura del rapporto tra polis e spettatore. L’interesse per il pubblico è rivolto all’intrattenimento: non si ricerca tanto un fine politico e collettivo, quanto una felicità individuale. Al cambiamento sociale e politico corrisponde il declino dei valori tradizionali dell’età classica e prevalgono l’affetto personale e l’amore per la famiglia. Quindi il teatro della commedia nuova non è un teatro di partecipazione, ma di evasione che non sente la necessità di essere rappresentato dal coro. 

D’altro canto, in questo contesto matura anche il concetto di filantropia (ϕιλανϑρωπία): la consapevolezza che gli esseri umani, per quanto diversi dal punto di vista sociale, appartengono tutti a una specie comune e, in quanto tali, hanno pari dignità. È questo il grande messaggio che, senza dubbio, ha conquistato anche Terenzio. La filosofia di vita che egli ha fatto propria si riassume in una delle più belle e celebri “sentenze in un sol verso” (γνῶμαι μονόστιχοι) di Menandro: «Che bella cosa è l’uomo, se è veramente un uomo».

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