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Eutanasia legale: sviluppo e ragioni del referendum

Nov 3, 2021

Liberi fino alla fine. Con questo motto la campagna per il referendum per l’eutanasia legale ha raccolto più di un milione di firme. Un’iniziativa che cerca di portare all’attenzione dell’opinione pubblica e all’azione della politica un tema ormai centrale nelle moderne democrazie.
Il progresso tecnologico e scientifico ci ha permesso di allungare considerevolmente le nostre possibilità di cura e la nostra aspettativa di vita. Al contempo, però, ha creato delle situazioni limite: casi di malattia irreversibile e dolore insopportabile che mettono in questione la dignità della vita. Alle persone in queste condizioni cerca di rispondere la pratica dell’eutanasia (letteralmente “buona morte”), ovvero l’interruzione delle cure dietro loro esplicita e ripetuta volontà in stato di conscienza e lucidità mentale.
In molti paesi l’eutanasia è legale; in Italia no. Anzi, non è neanche normata. Questo vuoto giuridico mostra una profonda e ingiusta indifferenza verso malati terminali, casi di coma irreversibile e altre persone che vorrebbero almeno avere libertà di scelta. Grazie alla proposta referendaria la popolazione italiana potrebbe avere la possibilità di esprimersi sulla questione.
In questo articolo facciamo il punto della situazione sullo sviluppo passato e futuro del referendum e sulle ragioni alla base della legalizzazione dell’eutanasia.

Lo sviluppo del referendum per l’eutanasia legale

L’eutanasia legale in Italia prima della proposta del referendum

Facciamo un attimo un passo indietro, perché quello dell’eutanasia è un tema caldo in Italia da parecchi anni. Come spesso accade il problema nasce da un vuoto di legge: la pratica dell’eutanasia attiva non è normata in alcun modo e per questo finisce per essere assimilata all’omicidio del consenziente (articolo 579 del Codice Penale). Quindi per l’attuale legistazione italiana il medico che affettua l’eutanasia viene trattato come un omicida che ha ottenuto il consenso del paziente e per questo rischia una pena che va dai cinque ai sedici anni di prigione. È chiaro però che le cose sono ben diverse. Si tratta di eseguire la volontà di morire di unǝ paziente che si trova in condizioni di enorme sofferenza e che, proprio per questo, ha bisogno di essere accompagnatǝ verso la fine della vita.

Il tema è saltato agli occhi e alle orecchie dell’opinione pubblica grazie ad alcuni casi di cronaca e di disobbedienza civile: come il medico anestesista Mario Riccio, che nel 2006 ha ottemperato la richiesta di Piergiorgio Welby di staccargli il respiratore; o come Marco Cappato che nel 2017 ha portato Fabiano Antoniani (Dj Fabo) in Svizzera per ottenere l’eutanasia che desiderava da tempo. Fuori dall’Italia hanno fatto scalpore anche il caso dell’atleta paraolimpica Marieke Vervoort, che nel 2019 ha optato per l’eutanasia in seguito al peggioramento della malattia degenerativa muscolare di cui soffriva. Oppure sempre nel 2019 il caso della diciassettenne Noa Pothoven che, in seguito a gravi traumi e sofferenze psicologiche, si è lasciata morire, assistita da medici e famiglia. Queste storie e quelle di tante altre persone hanno permesso al tema di uscire dalle discussioni tra filosofi e giuristi ed entrare nella vita quotidiana delle persone.

L’attuale proposta referendaria nasce da un’iniziativa dell’Associazione Luca Coscioni, un’associazione no profit di promozione sociale che da anni si batte per l’affermazione dei diritti umani e delle libertà civili. Nel 2013 aveva già depositato la prima proposta di legge popolare per la legalizzazione dell’eutanasia in seguito alla raccolta di 67.000 firme. Nel 2017 invece si era fatta promotrice del pieno riconoscimento legale del testamento biologico.

L’iter passato e futuro del referendum

Pur essendo stata deposita ben otto anni fa, la proposta di legge sull’eutanasia legale non è mai stata neanche discussa in Parlamento, nonostante due richiami dalla Corte Costituzionale (forse allora non dovrebbe stupirci più di tanto la recente “tagliola” ai danni del DDL ZAN). È da questa inazione della politica che sorge l’esigenza di interpellare direttamente la popolazione italiana tramite lo strumento del referendum. Nello specifico l’obiettivo è quello di abolire l’articolo 579 del Codice Penale in modo da decriminalizzare e legalizzare l’aiuto medico alla morte volontaria.

Il quesito referendario è stato depositato nell’aprile del 2021. La raccolta firme è iniziata il 15 giugno raggiungendo già a metà agosto le 500.000 necessarie per continuare l’iter legislativo. Alla fine della campagna sono state depositate più di un milione di firme, un risultato straordinario che dimostra quanto la popolazione italiana abbia a cuore il tema dell’eutanasia legale. Per il resto bisogna solo aspettare: intorno a gennaio la Corte Costituzionale giudicherà l’ammissibilità del referendum. In caso di giudizio positivo, questo dovrebbe tenersi tra aprile e giugno 2022.

Referendum e firma digitale come strumenti per l’autodeterminazione democratica

La raccolta di così tante firme è stata possibile anche grazie all’introduzione della firma digitale: per la prima volta in Italia si è potuto votare da casa usando lo SPID, senza cercare i banchetti per strada o passare attraverso un autenticatore ufficiale. “Un’innovazione a favore di partecipazione e democrazia”, così l’ha definita Marco Cappato, e i numeri lo dimostrano (372.000 firme digitali, circa un terzo del numero totale). Lo stesso discorso vale per il successo del referendum per la legalizzazione della cannabis che ha raccolto più di 600.000 firme in meno di un mese.

La firma digitale ha potenziato enormemente uno strumento fondamentale nella vita di un paese democratico: il referendum. Quando la politica dei partiti non riesce a portare avanti riforme per garantire libertà e diritti, ma anzi le distorce in dibattiti ideologici (come il DDL ZAN e la polemica sul “gender”), allora servono altri strumenti per permettere alle persone di autodeterminarsi. Il referendum, ora potenziato digitalmente, è sicuramente uno di questi. Perché su temi come l’eutanasia legale, la lotta contro le discriminazioni o l’empowerment delle minoranze meritano di decidere l3 cittadin3.

Le ragioni dell’eutanasia legale

Un diritto e una libertà

Perché si chiede di legalizzare l’eutanasia? Perché si cerca di depenalizzare l’aiuto medico alla morte volontaria? Sono domande legittime che meritano di trovare risposta. Possiamo riassumere le ragioni alla base della legalizzazione dell’eutanasia con una semplice frase: l’eutanasia è al contempo un diritto e una libertà.

Liberi fino alla fine. Abbiamo già visto che questo è uno dei pilastri della campagna per il referendum: ma che cosa significa esattamente? Significa garantire a ognuno l3 propri3 libertà di scelta, anche negli ultimi momenti della propria esistenza. Troppo spesso non siamo padron3 della nostra vita o dei nostri corpi: si tratta di poter decidere di morire con dignità e di non vivere una vita che possiamo ritenere indegna di essere vissuta. Il tutto sempre in presenza di comprovate condizioni mediche che danneggiano in modo reversibile e debilitante la qualità di vita. Il tutto sempre preso in considerazione ed eseguito solo in seguito alla richiesta lucida e consapevole del paziente stesso.

L’eutanasia può essere vista come un diritto umano se la interpretiamo in senso più ampio come il diritto a morire. Si tratta del diritto a non subire una condizione di sofferenza insopportabile contro la propria volontà. Significa dare la possibilità alle persone di essere accompagnate alla fine della loro vita senza soffrire; significa anche permettere ai medici di aiutarle in questo percorso senza la paura di finire in carcere.

Le risposte alle obiezioni

Questo articolo sarebbe incompleto se non presentassimo le obiezioni alla legalizzazione dell’eutanasia e se non rispondessimo approfondendo ulteriormente le ragioni dietro a questa proposta referendaria. Le obiezioni all’introduzione dell’eutanasia legale sono principalmente di due tipologie.

Secondo la prima, la vita è sacra: è un dono che non va sprecato. Purtroppo questa obiezione di natura ideologica e spesso religiosa il più delle volte rischia soltanto di inquinare il dibattito. Si può e si deve ammettere la possibilità che esistano delle condizioni che rendono la vita indegna o insopportabile. La qualità della vita conta e può essere compromessa da condizioni oggettive di enorme sofferenza o estrema debilitazione date da incidenti, menomazioni o malattie fisiche e psichiche.

Certamente non basta la presenza di questi fattori per legittimare l’eutanasia: ci vuole anche il consenso del paziente. Solo la persona stessa può giudicare se le sue attuali condizioni sono sopportabili e degne di essere vissute. E solo la persona stessa deve decidere se continuare o interrompere le cure che la mantengono in vita. D’altro canto, se la vita è un dono, perché non possiamo disporre di quel dono come vogliamo? Chi è il titolare di quel dono, che è la mia vita, se non io stesso?

La seconda obiezione esprime una preoccupazione, ovvero che l’eutanasia venga concessa anche quando le condizioni del paziente non lo giustifichino, ponendo fine ad una vita che aveva ancora la possibilità di essere salvata. In pratica si teme che dietro a una richiesta di eutanasia si celi una richiesta di aiuto che, se ascoltata, potrebbe evitare il ricorso alla soluzione esterma della “buona morte”. A questa legittima obiezione si può rispondere che è proprio nell’illegalità e nella clandestinità che più si rischia di concedere l’eutanasia prima del dovuto. Come in simili casi, proprio il processo di normazione giuridica garantisce la sicurezza delle persone grazie all’istituzione di regole e criteri da rispettare, così come di controlli medici e psicologici. Inoltre, spesso è la mancanza di possibilità scelta a portare le persone a compiere il gesto estremo. Tanti, quando gli viene data la possibilità di morire, ci ripensano.

Il tema è complesso e non può certo essere esaurito in un singolo articolo. Per questo vi lasciamo alcune fonti per approfondire:

Politica, Etica, Democrazia ed Eutanasia – con Marco Cappato e Costantino De Blasi, video sul canale youtube Daily Cogito;

Il blog dell’Associazione Luca Coscioni su fine vita, eutanasia e testamento biologico;

Eutanasia, un articolo della UAAR (Unione degli Atei e degli Agnostici rezionalisti);

The Philosopher’s Brief (1996). Un documento sul suicidio assisito realizzato da sei importanti filosofi morali statunitensi (Ronald Dworkin, Thomas Nagel, Robert Nozick, John Rawls, Thomas Scanlon e Judith Jarvis Thomson);

Religioni abramitiche: no ad eutanasia e suicidio assistito, accompagnare il fine vita, un esempio della prima tipologie di obiezioni dal portale Vatican News;

Così il Belgio ha normalizzato l’eutanasia, un articolo critico su l’Avvenire assimilabile alla seconda obiezione;

Pro-euthanasia arguments e Anti-euthanasia argument, due guide alle ragioni pro e contro l’eutanasia sul portale della BBC;

Eutanasia: ipotesi per capire se e quando si presentano le condizioni, un articolo che racconta The Plug: un esperimento mentale e sociale collegato all’eutansia e alla demenza.

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